Tortorella

Nell’entroterra del Golfo di Sapri, a ridosso del mare, si snoda il pittoresco borgo di Tortorella, che poggia su un altopiano di roccia carsica e si affaccia su paradisiache vallate di olivi e castagni.
Le sue origini, risalenti al IV sec. a.C., sono legate al flusso commerciale interno all’Appennino, tra il Mar Tirreno e lo Ionio. Il nucleo primordiale di Tortorella (il toponimo sembra derivare dal latino “turtur”, tortora) sorse lungo la carovaniera che collegava il porto dell’antica colonia greca Pyxus, poi romana Buxentum, presso l’odierno Policastro Bussentino, e la colonia greca di Sibari, presso il valico del monte Cocuzzo. Le tradizioni lucane, tramandate oralmente, narrano di una colonia romana, Bianda, distrutta da un’invasione di formiche nere. Le famiglie sopravvissute a questa calamità si insediarono stabilmente in questo territorio. Le prime testimonianze storiche certe si possono ricondurre all’anno 1021, quando il casale divenne feudo di Guaimaro III, principe longobardo di Salerno. Nel 1267 il piccolo feudo appoggiò la discesa in Italia di Corradino di Svevia, ultimo degli Hohenstaufen. Durante il feudalesimo molti furono i nobili che si succedettero nella gestione del borgo: appartenne ad Almirante Ruggero, barone di Lauria, poi ai Sanseverino, conti di Capaccio, che ribellandosi al re provocarono l’affidamento del feudo a Federico d’Aragona, re di Napoli, il quale lo donò a Giovanni Andrea Caracciolo, maestro d’armi del re. Dopo varie peripezie, il borgo, costituito da due grossi agglomerati corrispondenti alle due uniche porte d’accesso al paese, “li cantoni” ad occidente, e il “rione “Porta Sultana” presso il Palazzo Marchesale, passò alla famiglia del marchese Carafa-Stadera, che lo dominò fino al 1810.
Questo antico paese è terra natia di personalità di spicco nell’ambito politico e religioso internazionale, oltre ad essere il luogo dei vicoli, dei portali in pietra calcarea, delle porte antiche – come la Porta Sultana, risalente al XIII sec. – dei cortili, delle chiese e delle torri. I boschi, calati in una cornice verde incontaminata e rilassante, pullulano di sorgenti di acque purissime e ricche di effetti salutari. Le tradizioni artigianali, tramandate di generazione in generazione, si distinguono per perizia e fantasia, soprattutto nella lavorazione del ferro battuto e del legno.


Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

Nell’entroterra del Golfo di Sapri, a ridosso del mare, si snoda il pittoresco borgo di Tortorella, che poggia su un altopiano di roccia carsica e si affaccia su paradisiache vallate di olivi e castagni.
Le sue origini, risalenti al IV sec. a.C., sono legate al flusso commerciale interno all’Appennino, tra il Mar Tirreno e lo Ionio. Il nucleo primordiale di Tortorella (il toponimo sembra derivare dal latino “turtur”, tortora) sorse lungo la carovaniera che collegava il porto dell’antica colonia greca Pyxus, poi romana Buxentum, presso l’odierno Policastro Bussentino, e la colonia greca di Sibari, presso il valico del monte Cocuzzo. Le tradizioni lucane, tramandate oralmente, narrano di una colonia romana, Bianda, distrutta da un’invasione di formiche nere. Le famiglie sopravvissute a questa calamità si insediarono stabilmente in questo territorio. Le prime testimonianze storiche certe si possono ricondurre all’anno 1021, quando il casale divenne feudo di Guaimaro III, principe longobardo di Salerno. Nel 1267 il piccolo feudo appoggiò la discesa in Italia di Corradino di Svevia, ultimo degli Hohenstaufen. Durante il feudalesimo molti furono i nobili che si succedettero nella gestione del borgo: appartenne ad Almirante Ruggero, barone di Lauria, poi ai Sanseverino, conti di Capaccio, che ribellandosi al re provocarono l’affidamento del feudo a Federico d’Aragona, re di Napoli, il quale lo donò a Giovanni Andrea Caracciolo, maestro d’armi del re. Dopo varie peripezie, il borgo, costituito da due grossi agglomerati corrispondenti alle due uniche porte d’accesso al paese, “li cantoni” ad occidente, e il “rione “Porta Sultana” presso il Palazzo Marchesale, passò alla famiglia del marchese Carafa-Stadera, che lo dominò fino al 1810.
Questo antico paese è terra natia di personalità di spicco nell’ambito politico e religioso internazionale, oltre ad essere il luogo dei vicoli, dei portali in pietra calcarea, delle porte antiche – come la Porta Sultana, risalente al XIII sec. – dei cortili, delle chiese e delle torri. I boschi, calati in una cornice verde incontaminata e rilassante, pullulano di sorgenti di acque purissime e ricche di effetti salutari. Le tradizioni artigianali, tramandate di generazione in generazione, si distinguono per perizia e fantasia, soprattutto nella lavorazione del ferro battuto e del legno.


Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

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