Centola-Palinuro

Le origini di Palinuro, luogo ricco di aspetti spesso contrastanti, hanno una duplice chiave di lettura: la leggenda riportata nell’Eneide di Virgilio riconduce alle origini mitologiche del ridente luogo incontaminato del Tirreno che può vantare non solo un mare azzurro intenso, ma anche una rigogliosa vegetazione secolare. La leggenda narra che Palinuro, nocchiere di Enea ed esperto marinaio, addormentato da Morfeo, dio del Sonno, cadde in mare davanti alla costa. Nuotò verso la riva, ma fu ucciso dagli abitanti che lasciarono il corpo a lungo insepolto, finché, per placare l’ira degli Dei per il terribile delitto compiuto, decisero di dargli degna sepoltura sul vicino promontorio. Per onorare la memoria dell’umile e valoroso nocchiere, il luogo prese appunto il suo nome. Dall’imboccatura del porto ancora oggi sono visibili i ruderi che, secondo quanto riportato dalla leggenda, apparterrebbero al cenotafio eretto in sua memoria.
All’inizio del ‘900 risalgono le prime notizie storiche sull’industria litica della Cala delle Ossa al Capo Palinuro. Nel 1939 furono effettuati i primi scavi in contrada S. Paolo di Palinuro: in alcuni sepolcri riportati alla luce furono rinvenuti frammenti di oggetti in ossidania, testimonianza di un insediamento preistorico. Negli anni ottanta, grazie all’intervento della Sovraintendenza Archeologica di Salerno, si poté evidenziare una continuità di vita dall’epoca neolitica, probabilmente, all’età del Bronzo. Gli sbancamenti per lo sfruttamento della sabbia hanno distrutto in gran parte l’insediamento neolitico, che era stato già sconvolto dalla necropoli arcaica della seconda metà del VI sec. a.C.
Appena giunti a Palinuro, colpiscono l’intensa colorazione del mare, le grotte, i faraglioni e i tramonti. La magia del posto risiede nelle grotte naturali che il mare e il vento hanno modellato ad arte. Lungo la costa, in una piccola rientranza, ci appare la Grotta Azzurra, così chiamata per gli splendidi giochi di luce e l’intensità dell’azzurro. Doppiata la punta, ci si imbatte nella Cala Fetente, che deve il suo nome all’odore sgradevole, ascrivibile alla sorgente solforosa, e nell’Archetiello, un arco naturale scavato nel calcare cretaceo. Meritevoli di una visita sono la Grotta dei Monaci, che deve il suo nome alla presenza di stalagmiti in atto di preghiera; la Cala del Buon Dormire, una cala incastonata nella roccia a strapiombo, e la Grotta delle Ossa, sulle cui pareti si possono ammirare i resti di animali e uomini preistorici. Giunti alla foce del fiume Mingardo, dove un arco naturale separa la scogliera dalla spiaggia di Palinuro, si può ammirare una preziosa flora ma anche una rara fauna. Lasciando la costa ed avventurandosi all’interno, ci si imbatte in uliveti secolari, in pregiati vigneti, nel cardo, nel fico d’India e nell’agave.

Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

Le origini di Palinuro, luogo ricco di aspetti spesso contrastanti, hanno una duplice chiave di lettura: la leggenda riportata nell’Eneide di Virgilio riconduce alle origini mitologiche del ridente luogo incontaminato del Tirreno che può vantare non solo un mare azzurro intenso, ma anche una rigogliosa vegetazione secolare. La leggenda narra che Palinuro, nocchiere di Enea ed esperto marinaio, addormentato da Morfeo, dio del Sonno, cadde in mare davanti alla costa. Nuotò verso la riva, ma fu ucciso dagli abitanti che lasciarono il corpo a lungo insepolto, finché, per placare l’ira degli Dei per il terribile delitto compiuto, decisero di dargli degna sepoltura sul vicino promontorio. Per onorare la memoria dell’umile e valoroso nocchiere, il luogo prese appunto il suo nome. Dall’imboccatura del porto ancora oggi sono visibili i ruderi che, secondo quanto riportato dalla leggenda, apparterrebbero al cenotafio eretto in sua memoria.
All’inizio del ‘900 risalgono le prime notizie storiche sull’industria litica della Cala delle Ossa al Capo Palinuro. Nel 1939 furono effettuati i primi scavi in contrada S. Paolo di Palinuro: in alcuni sepolcri riportati alla luce furono rinvenuti frammenti di oggetti in ossidania, testimonianza di un insediamento preistorico. Negli anni ottanta, grazie all’intervento della Sovraintendenza Archeologica di Salerno, si poté evidenziare una continuità di vita dall’epoca neolitica, probabilmente, all’età del Bronzo. Gli sbancamenti per lo sfruttamento della sabbia hanno distrutto in gran parte l’insediamento neolitico, che era stato già sconvolto dalla necropoli arcaica della seconda metà del VI sec. a.C.
Appena giunti a Palinuro, colpiscono l’intensa colorazione del mare, le grotte, i faraglioni e i tramonti. La magia del posto risiede nelle grotte naturali che il mare e il vento hanno modellato ad arte. Lungo la costa, in una piccola rientranza, ci appare la Grotta Azzurra, così chiamata per gli splendidi giochi di luce e l’intensità dell’azzurro. Doppiata la punta, ci si imbatte nella Cala Fetente, che deve il suo nome all’odore sgradevole, ascrivibile alla sorgente solforosa, e nell’Archetiello, un arco naturale scavato nel calcare cretaceo. Meritevoli di una visita sono la Grotta dei Monaci, che deve il suo nome alla presenza di stalagmiti in atto di preghiera; la Cala del Buon Dormire, una cala incastonata nella roccia a strapiombo, e la Grotta delle Ossa, sulle cui pareti si possono ammirare i resti di animali e uomini preistorici. Giunti alla foce del fiume Mingardo, dove un arco naturale separa la scogliera dalla spiaggia di Palinuro, si può ammirare una preziosa flora ma anche una rara fauna. Lasciando la costa ed avventurandosi all’interno, ci si imbatte in uliveti secolari, in pregiati vigneti, nel cardo, nel fico d’India e nell’agave.

Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

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